domenica 9 gennaio 2011

ANDIAMOCI CON ‘’GLI ANNI’’ DI PIOMBO

Spesso la storia viene inconsciamente etichettata e cestinata come materia scolasticamente ‘’inutile’’ con fini tendenzialmente nozionistici atti esclusivamente ad impartire quei fondamenti scolastici-istituzionali dai quali non si può proprio prescindere. Se un individuo,al contrario,attuasse su di essa un metodo di studio critico ed analitico e conglobasse i suoi contenuti rapportandoli alla condizione sociale in cui egli stesso si trova a vivere,troverebbe come significativa e curiosa essa si mostra agli occhi della gente,mutando aspetti e sfaccettature che d’altronde non fanno che adeguarsi all’evoluzione sociale ,mantenendo,tuttavia,intatte le radici appunto storiche e sociologiche nella quale questo concetto stesso v’è venuto a formarsi. L’antropologia e la sociologia non sono campi di studio che mi competono,pertanto non vorrei tediarvi ulteriormente proseguendo il discorso fatto fino ad ora. Vorrei,tuttavia,ricollegarmi al medesimo,partendo da una teoria elaborata da un insigne filosofo e giurista,Giovan Battista Vico e i suoi ‘’corsi e ricorsi storici’’.Il concetto di storia è caratterizzato,secondo il filosofo,da un andamento progressivo con un procedimento né uniforme né meccanico verso l’idealità.. Secondo Vico, dunque,ogni civiltà ha un suo corso fondamentalmente progressivo, il quale, giunto al suo apice, si arresta ed entra in crisi. E’ la ciclicità delle ere storiche,dunque,il tema sul quale vorrei dibattere,prendendo in considerazione in particolar modo le analogie che intercorrono tra il periodo in cui naque la I Repubblica e l’attuale governo Berlusconi,dunque un periodo storico significativo per il nostro Paese,di più di mezzo secolo di storia,durante il quale troviamo avvicendarsi accadimenti storici che riportano inevitabilmente a temi ben più che attuali. Entrando in merito all’argomento prepostomi,comincerei con l’analizzare la nascita della nostra Repubblica,e se mi permettete,di suddividere questo mezzo secolo in diverse fasi.Il 2 giugno 1946 gli italiano vengoni chiamati a votare un referendum per decidere se l’Italia dovesse rimanere una monarchia o dovesse divenire una Repubblica.Il 54% dei votanti optarono per la Repubblica.Nacque il I governo De Gasperi e cominciarono quelli che vengono definiti ‘’gli anni della ricostruzione’’.L’Italia,distrutta ed esangue dalla guerra appena conclusasi,attua una politica di rinnovamento economico e politico che confacendosi alle neo-vigenti norme europee,la porteranno a diventare,negli anni a seguire,una superpotenza.Sicurezza politica,stabiltà economica,miglioramento del tenore di vita,condizioni che sfoceranno tutte nel cosiddetto ‘’boom economico’’ cioè il periodo di massimo rigoglio economico che il nostro ‘’bel paese’’ visse nel lustro 1958-1963.Questi anni videro l'Italia trasformarsi radicalmente sul piano sociale, in seguito alle migliorate condizioni di vita dovute al miracolo economico degli anni precedenti, e il sorgere di movimenti radicali, soprattutto di matrice comunista, di giovani e operai, che apportarono profonde modifiche al costume, alla mentalità generale e particolarmente alla scuola.Naquero i cosiddetti ‘’Anni della Contestazione’’: è il 1968!Premetto di non voler affrontare un argomento cosi vasto a livello mondiale,ma vorrei soffermarvi sulla nascita del medesimo in Italia e sui mutamenti che questi ha portato e sulle analogie di quel movimento che sconvolse il nostro Paese più di quarant’anni fa con quelle che oggi vediamo accadere nelle piazze delle nostre città. In Italia la contestazione fu il risultato di un malessere sociale profondo, accumulato negli anni sessanta,dovuto al fatto che il cosiddetto boom economico aveva giovato perlopiù alla borghesia e non era stato accompagnato da un adeguato aumento del livello sociale ed economico delle classi meno abbienti. L'esplosione degli scioperi degli operai in fabbrica si unì con il movimento degli studenti che contestavano i contenuti arretrati e parziali dell'istruzione e rivendicavano l'estensione del diritto allo studio anche ai giovani di condizione economica disagiata.Soffermiamoci per ora qui.Quanto analogie e quante differenze avete notato fino ad ora con quello che sta accadendo oggi nelle università italiane? Le analogie il più delle volte sono semplici fatti che vengono accomunati ad altri per una certa rassomiglianza,ma qui assumono aspetti raccapriccianti. Anche se oggi il movimento di contestazione studentesco non è legato al movimento di contestazione operaio(differenza tra ‘’ieri e oggi’’),come facciamo,noi giovani d’oggi,a combattere per un qualcosa per cui i nostri genitori hanno combattuto quarant’anni fa? Il 24 gennaio 1966 avvenne a Trento la prima occupazione di una università italiana ad opera degli studenti. Nel maggio del '68 tutte le università, esclusa la Bocconi, erano occupate.Com’è possibile che,a più di quarant’anni dalla prima occupazione di una università,la storia si debba inesorabilmente ripetere?Queste due semplici domande rissumono quanto accaduto fin’ora in quarant’anni di Repubblica Sociale. UN BEL NULLA! Slogan inneggianti ai diritti per i lavoratori,cortei e manifestazioni tonanti per un’istruzione meritocratica,occupazioni per svecchiare la nostra secolare cultura,rivolte per sopprimere abusi di potere…… L’aura di pessimismo che mi pervade vede stracciati gli sforzi titanici che i nostri genitori fecero allora.L’unica cosa che mi auguro è che tra quarant’anni spero non ci sarà un ragazzo che scriverà lo stesso articolo.

4 commenti:

  1. Analogie tra i 68ini e i 2010ini? Poche o nulla.
    Come hai scritto tu, il '68 nacque all'università di Trento nel '66 grazie ad esponenti (poi brigatisti) come Renato Curcio,Mara Cagol (divenuta poi sua moglie) e altri. La differenza è che loro leggevano Marx, i giovani d'oggi leggono Vanity fair,Focus e Quattroruote. La contestazione di oggi si fonda sul pregiudizio nei confronti del corruttore politico per eccellenza. La riforma Gelmini è apprezzabile per alcuni punti, contestabile per altri; ma chi va a manifestare fa di tutta l'erba un fascio e questo deve far riflettere.

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  2. Che il confronto tra '68 e 2010-2011 si faccia è un bene ma limitato all'arricchimento della propria cultura; io penso che quella sessantottina non sia la giusta chiave di lettura dei fenomeni odierni di crisi socio-economica.
    E dico questo, magari mi sbaglio e sono pronto ad essere smentito, alla luce di due fattori fondamentali che segnano un profondo gap tra oggi e ieri, nonostante le apparenze possano portare ad una affrettata conclusione di piena similitudine tra i due periodi storici.
    Il primo di questi fattori è il tenore di vita, mi spiego: nel 68 l'italiano medio sfiorava la soglia della povertà, dato che la maggioranza della popolazione apparteneva alla classe operaia, che non godeva di soddisfacenti salari. Quindi la stessa università era direttamente legata alle disponibilità economiche della propria famiglia.
    Oggi, 2010-2011, per forza di cose il tenore di vita ha raggiunto soglie più elevate, portando, a mio parere, ad una vita media più agiata rispetto al 68, salvo le imprescindibili eccezioni.
    E tra questi agi rientra anche l'università, vuoi anche i tanti sussidi statali.
    Il secondo fattore è certamente il ruolo giocato dalla politica che nel 68 certamente era il motore di tante azioni e che oggi, come tanti fatti di cronaca ci insegnano,invece ha raggiunto la deriva, per cui non c'è da stupirsi se in piazza ritroviamo fianco a fianco studenti di destra e di sinistra a manifestare per lo stesso motivo e con gli stessi mezzi.
    In sintesi, tutte queste parole per dire che, le condizioni socio-economiche in questi 40 anni sono cambiate costringendo ad un adeguamento di giudizio e azione nei confronti dei problemi che la nuova epoca propone, per cui gli studenti non manifestano più con gli operai(dato che l'università non è più fortemente legata al lavoro dei genitori come nel 68), e per cui la politica è stata largamente esclusa dalle contestazioni come motore di esse.
    Non stupirti, dunque se a 40 anni di distanza, si occupano ancora le università, perchè dietro l'apparente somiglianza con i moti 68ini, si cela una profonda diversità di interessi che porta alle occupazioni.

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  3. Su questo sono d'accordo. Però vorrei fare una precisazione, non è vero che studenti e operai non manifestano più insieme. Nei grossi cortei romani(e non solo) di qualche settimana fa gli operai manifestavano insieme agli studenti, così come ai poliziotti e agli altri lavoratori che sono stati trascurati dal pupillo della Lega Tremonti.
    Ma questo non significa che è ritornato lo spirito "battagliero", credo piuttosto che siano solo dei fuochi, di unità ne vedo ben poca, a partire dai sindacati e perchè no, dagli operai stanchi delle chiacchiere di un sindacato sempre pronto a mettersi a 90° o ad una opposizione praticamente inesistente ed incapace di intendere e di volere.

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  4. Ottima precisazione. Il mio era un discorso generale, ovvio che poi nel microscopico ci sono lodevoli eccezioni. Purtroppo restano confinate al piccolo perchè in voga sono altri trand, altri comportamenti!
    Stendiamo un velo pietoso sui sindacati! il confronto a tal proposito col 68 è vile ed indegno, sminuirebbe chi, allora, ha lottato davvero per i diritti dei lavoratori!

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