giovedì 27 gennaio 2011

Spazio per gli ospiti!

Salve gente,
Abbiamo aperto un nuovo indirizzo e-mail per chiunque volesse collaborare con noi e con il blog.

Se avete voglia di dire la vostra, senza limiti di argomento e ovviamente senza censura (nei limiti della buona educazione) potete scrivere all'indirizzo:



Proprio per via dell'assenza di censura richiediamo una sola garanzia a chi scrive per il blog: Nome e Cognome. Questo farà si che ognuno si prenda la propria responsabilità e potrà dire praticamente quello che vuole.

Verrà creato un nuovo profilo da gestore del Blog di cui bisogna ancora scegliere il nick,  spero mi aiuterete in questo, che si occuperà di raccogliere tutti gli interventi "ospiti".

Come sempre aspettiamo consigli, suggerimenti e opinioni a riguardo qui nei commenti oppure alla mail, che ricordo ancora una volta essere: favellare.crew@gmail.com


Stay tuned!
Ciao!



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venerdì 21 gennaio 2011

SENTIERI


''Camminare con quel contadino
Che forse fa la stessa mia strada
parlare dell'uva, parlare del vino
che ancora è un lusso per lui che lo fa'' .....



''Io, sempre un momento fa campagnolo inurbato,
due soldi d'elementari ed uno d'università,
ma sempre il pensiero a quel paese mai scordato
dove ritrovo anche oggi quattro soldi di civiltà''.....




Senza avanue nè semafori
che l'avrebbero inutilmente abbellita
soltanto ancestrali grovigli di strade
videro passare la mia prima vita.

Calpestate a stagioni alterne
da ingordi perdigiorno con boria d'apparire
troppo affannati ad oziare
per spremersi di capire.

Niente di nuovo,come te ce ne son tante
di manica stretta a chi ti ripudiò precettore
ostello d'omuncoli che in pubblica piazza
ostentano sobri l'erudito onore.

Ma volli,sempre volli,fortissimamente volli
rendere omaggio alla bucolica tua schiera
che i sentieri della più aulica modestia
sempre calcarono con ragione vera.

Cullato dalla materna quercia
dalle copiose e timorose fronde
senza la fretta di ritardar
pronti a vegliar con sempiterne ronde.

L'albedine della loro saggezza
mieterebbe vittime tra i filosofi più illustri
che all'etereo limitano la loro ragione
scevra inconscia delle futilità campestri.

Sentieri,sterrati percorsi da seguire
di futuro,di passato e presente stantio
di noia,eccessi e fretta di fuggire
senza rinnegar l'antico borgo natio.

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VIVERE RELATIVAMENTE

Vi è mai capitato di fermarvi, per un secondo soltanto, a pensare e ragionare sui complessi sistemi secondo i quali condizioniamo il nostro modo di vivere e di comportarci nei confronti del mondo? Quei complessi sistemi di cui nessuno conosce esattamente l’origine né le motivazioni per cui vengono accettati e resi consueti, ma da cui tutti ci facciamo passivamente incastrare e sottomettere.
Parlo di numeri(matematicamente intesi), note musicali, unità di misura, alfabeto; ma anche di banalità come l’ora di pranzo e l’ora di cena, perché dormire la notte e vivere di giorno e non viceversa; elementi, insomma, su cui abbiamo costruito teorie e regole che hanno, a loro volta, plasmato menti indicando modi di vivere e di pensare.
E se un giorno si scoprisse che sono tutte inutili ed infondate supposizioni?

Chi e/o cosa ci hanno dato,e ci danno ancora, l’assoluta certezza della fondatezza di questi sistemi?? Sarebbe una sconfitta di proporzioni colossali per un’intera razza, quella umana, che da sempre, in linea di massima, si è basata su teorie instabili, astratte, per creare, dal proprio punto di vista cose reali e concrete.
In fondo Einstein lo ha detto “tutto è relativo”(anche la sua teoria sulla relatività potrebbe essere relativa). E la mia domanda allora è lecita; insomma, qui si tratta di vere e proprie convenzioni, di teorie relative, di costruzioni mentali, adottate forse per pigrizia e noncuranza, forse per mancanza di mezzi per scoprire la reale sostanza delle cose, forse per la fretta di dare un’immagine chiara e concreta al mondo, forse per dare un senso ed un ordine alla vita stessa!
Provate solo ad immaginare la portata del danno che procurerebbe al mondo, scoprire, per esempio, che il numero 1 (o il numero 0 a seconda dei punti di vista) non è il primo della serie. Un intero impianto teorico crollerebbe e, ad effetto domino, con esso, perderebbero sostanzialità tutti i campi figli della matematica.
A questo punto mi viene da pensare che:
-la razza umana è consapevole di questo rischio e perciò non si azzarda ad indagare oltre;
-la razza umana non è consapevole di ciò e quindi accetta di buon grado di seguire certi schemi;
-anche se consapevole, non esistono mezzi adatti a confutare tali impianti di pensiero perché impensabili, non progettabili;
Conclusione:
quello che per me resta certo è che viviamo seguendo convenzioni, create da qualcuno ed accettate dalla massa, e che esse resteranno tali, quindi relative, fino a che qualcuno non deciderà di spiegarle e/o confutarle offrendo la giusta alternativa. Probabilmente, come dicevo al primo punto della riflessione di cui sopra, una confutazione non avverrà mai o forse, in caso contrario, quel giorno coinciderà con la fine del mondo!

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mercoledì 12 gennaio 2011

MASSA=ENERGIA


Uno dei temi caldi degli ultimi decenni è la rinnovabilità delle fonti di energia; Per energia rinnovabile s’intende una forma di energia che tende a non estinguersi in tempi cosiddetti “umani” (sole, vento, acqua ma anche petrolio, biomasse ecc.), cioè una fonte energetica il cui sfruttamento da parte dell'uomo è garantito per un tempo abbastanza dilatato, rispetto alla vita stessa dell'uomo, in modo da soddisfare le richieste di più generazioni successive. E’ chiaro però che il concetto di rinnovabilità delle risorse non va confuso con quello di eterna rinnovabilità delle risorse; prima o poi le fonti naturali da cui l'uomo trae energia verranno meno, nonostante esse siano presenti in quantità umanamente incalcolabili (si pensi che la vita produttiva media di un pozzo petrolifero è di circa 15-20 anni, durante i quali si calcolano tonnellate di materiale prodotto). Ad insegnarcelo è la matematica, è la logica, attraverso una lettura intelligente ed operativa di un importante concetto fisico, l’energia. Einstein definì fisicamente l'energia come il prodotto di una massa per il quadrato di una costante, nella famosa equazione E=mc^2 [E=energia, m=massa, c=velocità della luce (cost)]. Analizzando il significato di questa equazione ne deduciamo che massa ed energia convivono in un rapporto di diretta proporzionalità, cioè al variare dell’una, la massa, varia proporzionalmente anche l’altra, cioè l’energia.
Contestualizzando la formula, applicandola, cioè, al campo del reale, l’ipotesi iniziale è presto dimostrata. Più le risorse sono sfruttate più queste diminuiscono la loro quantità nel tempo (pur essendo rinnovabili, il rapporto tra consumo e riproduzione delle masse non è equilibrato, ma pende a favore del consumo, consumo 100 non si riproduce 100); ne deriva che, se diminuiscono le risorse, in un futuro ormai non così lontano, ci sarà meno energia prodotta che non sarà più capace di soddisfare le richieste dell’intero pianeta (alcuni studi sostengono che la fissione nucleare con l’isotopo 235 dell’uranio abbia ancora solo altri 200 anni di autonomia prima che gli atomi si consumino). La proiezione futura di questi dati non è confortante, poiché è facilmente auspicabile un aumento delle spese di gestione da parte delle aziende che forniscono servizi energetici come luce e gas, o benzina, per l'accaparramento delle ultime fonti, e quindi una ulteriore maggior spesa per i consumatori.
La conclusione più adatta a questo mio ragionamento sconfina nel campo dell’economia; se i fondi mondiali destinati al settore energetico fossero reinvestiti con un raggio d’azione più ampio, si potrebbero ricavare molteplici vantaggi sia di ordine prettamente economico, sia di ordine ecologico. Investire quindi in maniera più equilibrata tali fondi, abbandonando progetti scadenti come il nucleare, in modo da dare respiro alle fonti in via di esaurimento, garantendo allo stesso tempo un tipo di energia alternativa valida per soddisfare i bisogni comuni come automobile, riscaldamento ecc. Ad esempio, l’energia solare ha un impatto ambientale quasi pari allo zero (il quasi è dovuto ai pannelli solari che al massimo deturpano il paesaggio), però ha lo svantaggio dell’alto costo di gestione. Idem l’eolico o l’idroelettricità. Quindi sarebbe una mossa intelligente bilanciare il rapporto qualità-prezzo di questi mezzi, rendendoli maggiormente accessibili e capaci in poco tempo di sostituirsi alla normale rete di distribuzione dell’energia elettrica (chiamasi solarizzazione di un territorio). Il rendiconto per le società investitrici sarebbe importante e succulento, tenendo conto del fatto che gli investimenti sarebbero su larga scala e non limitati a soddisfare i bisogni del singolo privato come accade ora. Ovviamente la lista di possibili campi di investimento non termina qui, è lunga la sfilza di potenziali energie alternative su cui puntare per un futuro più pulito!
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martedì 11 gennaio 2011

Per consegnare alla morte una goccia di splendore di umanità di verità...


12 Anni fa si spegneva dopo mesi di agonia quello che considero il più grande poeta del nostro tempo. Quando qualcuno mi chiede, ma cosa ci trovi in De Andrè? Perché ti piace o perché lo ascolti?
 Quello che mi da non ve lo so dire, però mi piace rispondere parafrasando De Andrè stesso. Faber  diceva su Brassens: “Se non l’avessi conosciuto [musicalmente e poeticamente] probabilmente avrei scritto ugualmente ciò che ho scritto, però sicuramente non avrei vissuto come ho vissuto.” Io dico che se non avessi conosciuto De Andrè probabilmente avrei ascoltato altre canzoni bellissime, forse e dico forse avrei provato le emozioni che mi trasmette con altri cantanti o altre cose, però non vivrei non cercherei di vivere come sto vivendo ora, con questi idee e questi ideali. Posso dire senza esagerare che Fabrizio è prima che del cantante/poeta preferito, un maestro di vita. Da lui ho imparato ad amare, o meglio a non odiare gli ultimi. Le puttane, gli zingari, gli alcolizzati. È grazie a Fabrizio che quando se non riesco ad odiare gli zingari o le puttane, se ho capito che i drogati già si odiano di loro e non è giusto odiarli. Non è con l’odio che si risolve il problema.


A un diciottenne alcolizzato 
versò da bere ancora un poco 
e mentre quello lo guardava 
lui disse "Amico ci scommetto stai per dirmi 
adesso è ora che io vada" 
l'alcolizzato lo capì 
non disse niente e lo seguì 
sulla sua cattiva strada. 

Quella cattiva strada del perdono, della comprensione e dell’accettazione non passiva. Questo era De Andrè. Quella che per Fabrizio e per noi è una buona strada, anzi la migliore, ma per i benpensanti è una cattiva strada, il diciottenne  alcolizzato va punito, così come la puttana (Sui viali dietro la stazione | rubò l'incasso a una regina) che capisce non con le percosse ma con le parole, o perlomeno con dei gesti non violenti. Oppure la comprensione delle tante Prinçesa, travestiti che stanno sulle strade. Disposte ad una vita straziante al dolore degli interventi, per correggere la fortuna finchè il loro corpo le rassomigli. Capisci che non puoi giudicare, perché non sai. E ti senti uno stupido. Degli zingari, che viaggiano per la stessa ragione del viaggio: viaggiare!
 

Da Andrè mi ha insegnato ad amare, mi ha insegnato un modo per vivere, forse troppo alto, forse non ci riuscirò, ma se ci penso è così che vorrei andasse il mondo, ed è proprio la canzone che vi lascio che ve lo farà capire, l’ultima canzone incisa da Fabrizio, l’ultima dell’ultimo album (Anime Salve del 1996).

Forse non sarà una cosa che vi interesserà, ma sono sicuro che i miei amici sapranno accettare questa mia uscita così, fuori  dalla linea rossa che ha percorso il blog in queste settimane. Però dovevo, più per me che per voi. Volevo rendere omaggio, seppur misero, insignificante e forse inutile, ma volevo omaggiare Fabrizio De Andrè.  Il mio credo, o meglio il mio “non credo” non mi permette di dire “ciao” ma solo “addio” a chi se ne và per sempre. Ecco, se dovessi sbagliarmi lui è una delle poche persone che vorrei incontrare in un aldilà ipotetico. Troppo romanticismo, vi lascio la canzone.


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domenica 9 gennaio 2011

ANDIAMOCI CON ‘’GLI ANNI’’ DI PIOMBO

Spesso la storia viene inconsciamente etichettata e cestinata come materia scolasticamente ‘’inutile’’ con fini tendenzialmente nozionistici atti esclusivamente ad impartire quei fondamenti scolastici-istituzionali dai quali non si può proprio prescindere. Se un individuo,al contrario,attuasse su di essa un metodo di studio critico ed analitico e conglobasse i suoi contenuti rapportandoli alla condizione sociale in cui egli stesso si trova a vivere,troverebbe come significativa e curiosa essa si mostra agli occhi della gente,mutando aspetti e sfaccettature che d’altronde non fanno che adeguarsi all’evoluzione sociale ,mantenendo,tuttavia,intatte le radici appunto storiche e sociologiche nella quale questo concetto stesso v’è venuto a formarsi. L’antropologia e la sociologia non sono campi di studio che mi competono,pertanto non vorrei tediarvi ulteriormente proseguendo il discorso fatto fino ad ora. Vorrei,tuttavia,ricollegarmi al medesimo,partendo da una teoria elaborata da un insigne filosofo e giurista,Giovan Battista Vico e i suoi ‘’corsi e ricorsi storici’’.Il concetto di storia è caratterizzato,secondo il filosofo,da un andamento progressivo con un procedimento né uniforme né meccanico verso l’idealità.. Secondo Vico, dunque,ogni civiltà ha un suo corso fondamentalmente progressivo, il quale, giunto al suo apice, si arresta ed entra in crisi. E’ la ciclicità delle ere storiche,dunque,il tema sul quale vorrei dibattere,prendendo in considerazione in particolar modo le analogie che intercorrono tra il periodo in cui naque la I Repubblica e l’attuale governo Berlusconi,dunque un periodo storico significativo per il nostro Paese,di più di mezzo secolo di storia,durante il quale troviamo avvicendarsi accadimenti storici che riportano inevitabilmente a temi ben più che attuali. Entrando in merito all’argomento prepostomi,comincerei con l’analizzare la nascita della nostra Repubblica,e se mi permettete,di suddividere questo mezzo secolo in diverse fasi.Il 2 giugno 1946 gli italiano vengoni chiamati a votare un referendum per decidere se l’Italia dovesse rimanere una monarchia o dovesse divenire una Repubblica.Il 54% dei votanti optarono per la Repubblica.Nacque il I governo De Gasperi e cominciarono quelli che vengono definiti ‘’gli anni della ricostruzione’’.L’Italia,distrutta ed esangue dalla guerra appena conclusasi,attua una politica di rinnovamento economico e politico che confacendosi alle neo-vigenti norme europee,la porteranno a diventare,negli anni a seguire,una superpotenza.Sicurezza politica,stabiltà economica,miglioramento del tenore di vita,condizioni che sfoceranno tutte nel cosiddetto ‘’boom economico’’ cioè il periodo di massimo rigoglio economico che il nostro ‘’bel paese’’ visse nel lustro 1958-1963.Questi anni videro l'Italia trasformarsi radicalmente sul piano sociale, in seguito alle migliorate condizioni di vita dovute al miracolo economico degli anni precedenti, e il sorgere di movimenti radicali, soprattutto di matrice comunista, di giovani e operai, che apportarono profonde modifiche al costume, alla mentalità generale e particolarmente alla scuola.Naquero i cosiddetti ‘’Anni della Contestazione’’: è il 1968!Premetto di non voler affrontare un argomento cosi vasto a livello mondiale,ma vorrei soffermarvi sulla nascita del medesimo in Italia e sui mutamenti che questi ha portato e sulle analogie di quel movimento che sconvolse il nostro Paese più di quarant’anni fa con quelle che oggi vediamo accadere nelle piazze delle nostre città. In Italia la contestazione fu il risultato di un malessere sociale profondo, accumulato negli anni sessanta,dovuto al fatto che il cosiddetto boom economico aveva giovato perlopiù alla borghesia e non era stato accompagnato da un adeguato aumento del livello sociale ed economico delle classi meno abbienti. L'esplosione degli scioperi degli operai in fabbrica si unì con il movimento degli studenti che contestavano i contenuti arretrati e parziali dell'istruzione e rivendicavano l'estensione del diritto allo studio anche ai giovani di condizione economica disagiata.Soffermiamoci per ora qui.Quanto analogie e quante differenze avete notato fino ad ora con quello che sta accadendo oggi nelle università italiane? Le analogie il più delle volte sono semplici fatti che vengono accomunati ad altri per una certa rassomiglianza,ma qui assumono aspetti raccapriccianti. Anche se oggi il movimento di contestazione studentesco non è legato al movimento di contestazione operaio(differenza tra ‘’ieri e oggi’’),come facciamo,noi giovani d’oggi,a combattere per un qualcosa per cui i nostri genitori hanno combattuto quarant’anni fa? Il 24 gennaio 1966 avvenne a Trento la prima occupazione di una università italiana ad opera degli studenti. Nel maggio del '68 tutte le università, esclusa la Bocconi, erano occupate.Com’è possibile che,a più di quarant’anni dalla prima occupazione di una università,la storia si debba inesorabilmente ripetere?Queste due semplici domande rissumono quanto accaduto fin’ora in quarant’anni di Repubblica Sociale. UN BEL NULLA! Slogan inneggianti ai diritti per i lavoratori,cortei e manifestazioni tonanti per un’istruzione meritocratica,occupazioni per svecchiare la nostra secolare cultura,rivolte per sopprimere abusi di potere…… L’aura di pessimismo che mi pervade vede stracciati gli sforzi titanici che i nostri genitori fecero allora.L’unica cosa che mi auguro è che tra quarant’anni spero non ci sarà un ragazzo che scriverà lo stesso articolo.
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150 Anni, Io non festeggio!

Viaaaaaa. Si muove il carrozzone per le celebrazioni del 150° anno dell'unità d'Italia. Sono milioni gli euro spesi per rievocare personaggi storici e avvenimenti del nostro Risorgimento ma si ha davvero una giusta visione di ciò che è stato il falso mito del Risorgimento per il meridione?
Festeggiare i 150 anni d'unità, o festeggiare l’inizio della fine del Regno delle Due Sicilie? È questo l’interrogativo da porsi.
La prima cosa da fare è ristabilire un minimo di verità storica, stuprata da una manipolazione settendrional-leghista ancora attuale. “L'ufficialità della storia” prevede che un sud dilaniato e martoriato dalla tirannia dei Borboni fu liberato,civilizzato e riqualificato dalla magnanimità dei Piemontesi. Si trattava dunque di una terra povera, arretrata, infestata da Briganti. Secondo questa versione della storia il sud versava in condizioni di povertà ed arretratezza talmente gravi che la calata dei Piemontesi fu da considerarsi una vera manna per le nostre popolazioni.Detto ciò andiamo a noi nel ripristinare un po di verità con dati alla mano.
Senza allungare il brodo. Vorrei sottoporvi uno specchietto tratto da un libro di Scienze delle finanze del 1903 di un certo Netti
Da sopra, si evince che: ( cito testualmente) :”le monete degli Stati italiani al momento dell’annessione ammontavano a 668milioni di cui solo 443,2 provenivano dalle casse del Mezzogiorno.
Ora non ci vuole di certo un Bocconiano o uno statista per interpretare dati cosi espliciti. Il Meridione non era di certo un ragno democratico, forse arretrato, ma sicuramente ricco. E dopo l’unificazione? Che fine fecero tali ricchezze? Forse che vennero utilizzate per la riqualificazione del sud? Forse che vennero riutilizzate per creare infrastrutture? O forse per avviare un economia martoriata, no, nulla di tutto ciò. Soldi utilizzati per rimpinguare le casse del Regno d’Italia! Questa è la mia verità.
E allora dopo 150 anni, cosa c’è da festeggiare?
Se lo stereotipo medio del meridionale rimane : a 'monnezza', a pizza, a canzone, a fatalità. Se ancora siamo considerati simpatici ma inaffidabili, mafiosi, o quasi. Io non festeggio, e voi?
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